sabato 15 dicembre 2007

100 di questi Niemeyer

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Oggi, sabato 15 dicembre 2007 Oscar Ribeiro de Almeida de Niemeyer Soares (o più semplicemente Oscar Niemeyer) compie cent’anni. Scrivo questo post non per fare gli auguri a uno degli architetti più straordinari della modernità e della contemporaneità … se fosse solo questo sarebbe un tantino ridicolo … ma semplicemente per cogliere l’occasione di fare alcune considerazioni e condividerle con voi …

Mercoledì 12 dicembre si è tenuta una conferenza allo IUAV con relatore il professore Francesco Dal Co che aveva come soggetto Brasilia … anche se il soggetto poteva essere stato benissimo Oscar Niemeyer … Ora, senza raccontarvi la SUPERBA esposizione di Dal Co, vorrei soffermarmi solo sulla riflessione conclusiva alla conferenza … prima però ... va fatta una considerazione introduttiva …

Il 5 dicembre, c’è stata un’ altra interessante conferenza di Dal Co (anche se meno bella di quella su Niemeyer) con tema: Ground Zero. Durante quella conferenza il professore ha sottolineato come tutte le stars dell’architettura contemporanea partecipanti al concorso indetto per quell’area, non siano state in grado di rispondere in maniera opportuna, attraverso i loro progetti, ad un tema così delicato. Non solo … ha fatto capire che, in un luogo come Manhattan, denso di strategie economiche e di soggetti in gioco, l’architettura, così come la concepiscono i “grandi” architetti contemporanei (o alcuni di questi), non “funzioni” … ha fallito. Lo stesso concetto secondo me è continuamente presente nelle pagine del libro di Rem Koolhaas “Delirious New York”,soprattutto quando si parla di Le Corbusier a New York. Dal Co ha poi concluso quella conferenza con una domanda: “OGGI L’ARCHITETTURA È IN GRADO DI ESPRIMERE LA CONTEMPORANEITÀ?”.


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Ma veniamo ora alla conferenza con protagonista Niemeyer … Niemeyer a me è sempre parso erroneamente come un “pezzo” di Le Corbusier ancora vivente … (va detto che conoscevo la sua opera in maniera limitata prima della conferenza e non mi illudo ancora di aver compreso un personaggio così singolare) ... Non ne avevo capito, assieme alle analogie, la grande diversità tra i due personaggi. La conferenza mi è servita anche per chiarire il ruolo di questo grande architetto nella storia dell’architettura ...
Nel commento finale alla conferenza ho colto un parallelismo con l’osservazione fatta dallo stesso Dal Co su Ground Zero … Nell'incontro con soggetto Brasilia e Niemeyer ha terminato il discorso con questo ragionamento: "cosa significa un secolo di storia? Come lo si può vivere? Un secolo di storia può essere lungo oppure corto? … dipende dagli avvenimenti?" … e io aggiungerei ... come un giorno denso di avvenimenti ci appare corto così il secolo di vita di Niemeyer sembra esiguo, paradossale … che cos’è allora che rende speciale la lunga/corta vita di Niemeyer? La sua prolificità progettuale? L’aver costruito la capitale del Brasile? Non mi è sembrato che Dal Co desse una vera e propria risposta a quelle domande. Quello che però io ho colto dal discorso è che Niemeyer è un “pezzo” di storia vivente … non perché ha 100 anni … l’età avanzata che ha raggiunto non c’entra in questo ragionamento … E' un "pezzo" di storia perchè con la sua opera ha rappresentato la sua contemporaneità.
Mi sono continuamente chiesto durante la conferenza se oggi fosse possibile per un architetto fare quello che lui ha fatto … non lo dico perché credo che gli architetti di oggi siano meno capaci … lo dico perché, secondo me (me= studente che si rende conto di non sapere ancora NIENTE!), l’architettura di oggi sembra stia perdendo quel ruolo importante nella società che nella storia ha sempre avuto. Per storia non mi riferisco a un’epoca lontana … Brasilia ne è un esempio ...
Durante il medioevo le cattedrali e i grandi edifici pubblici erano delle bibbie di pietra, dei simboli, ora che ruolo esattamente copre l’architettura nella società?
Brasilia per me ha rappresentato e rappresenta ancora un grande libro pubblico che insegna ...
Il grande pregio di Niemeyer è quindi per me quello di aver espresso la sua contemporaneità e lo ha fatto con i suoi edifici e soprattutto con Brasilia.
L’architettura non dovrebbe subire la contemporaneità, dovrebbe conviverci … l’architettura deve vivere oltre il momento storico … Per questo Niemeyer è un "pezzo di storia vivente. Lui lo ha fatto.

Mi ha molto scosso leggere il libro di Koolhaas “ junkspace”. Nel libro sembra che i problemi generati dalla globalizzazione sono considerati un esempio da accettare e imitare; l'autore sembra rovesciare l'approccio al problema, facendo diventare i paradossi della contemporaneità dei fondamenti di una filosofia architettonica … Koolhaas parla di “città generica” di monumento al cartongesso … . Beh credo che Niemeyer dimostri che koolhaas si sbaglia!

Sto leggendo in questo periodo l’ultimo libro di Gregotti: “L’architettura nell’epoca dell’incessante” edizioni Laterza. Il libro tratta il tema della contemporaneità, di globalizzazione, di ruolo dell’architettura nella società ecc… sono consapevole di essere stato certamente influenzato da questo testo per aver colto certi aspetti nei discorsi di Dal Co su Niemeyer ...

Forse ho messo troppa roba nel calderone eh? … sembra anche abbastanza scombinato il mio ragionamento vero? … I miei sembrano più meteore di riflessioni che una vera riflessione ... beh nel blog metto tutto quello che mi passa per la testa e ora in testa ho questo …

Immagini _ dall'allto: 1-Oscar Niemeyer, "La casa dei Piccioni", piazza dei tre Poteri a Brasilia, foto di seier+seier+seier (account flickr) 2-Oscar Niemeyer, Ministero degli esteri, Brasilia, foto di weyerdk (account flickr).

Ps_
1- Questo mese con Interni c’è un DVD con un intervista a Niemeyer … non è un gran acquisto … dura molto poco e costa 10 euro …
2- Ho comprato il libro di Lionello Puppi,“Oscar Niemeyer 1907”,officina edizioni … nemmeno questo si è rivelato un grande acquisto ... sigh
3- C’è una mostra a Mantova su Niemeyer … vi do l’indirizzo internet dove ne parlano: http://www.exibart.com/profilo/eventiV2.asp/idelemento/49034
4- Nei numeri 753, 758 e 759 di Casabella ci sono alcune delle cose dette da Dal Co nelle due conferenze.

mercoledì 12 dicembre 2007

Caffè come specchio della città

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"non si potrebbe scrivere una pagina di storia né letteraria né artistica dell'Ottocento senza citare il nome di un Caffè" _ P. Bargellini
"È un privilegio poter stare seduto al caffè tutto il giorno e anche la notte, in mezzo a gente di ogni ceto. È l'unico luogo dove il discorso crea la realtà, dove nascono piani giganteschi, sogni utopistici e congiure anarchiche, senza che si debba lasciare la propria sedia" _ Montesquieu
« Il caffè, per esser buono, deve essere nero come la notte, dolce come l'amore e caldo come l'inferno » _ M. Bakunin

"Caffè Greco è un luogo di Roma a cui tutti siamo in qualche modo affezionati, mi ricordo le sere con Palazzeschi, De Pisis, dopo cena: allora si andava sempre dopo cena, nel 1937-38; ci andava anche Moravia poi ad una certa ora, verso le undici. [...] In questo quadro c'è un elemento catalizzatore, Giorgio de Chirico, anche se il fascino del luogo nasce anche dalla gente che ci è passata, da Buffalo Bill a Gabriele d'Annunzio" _ R. Guttuso


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Caffè … Essendo parte integrante del titolo del blog non potevo non concedere un post apposito a questo tema. Vorrei parlare non della bevanda del caffè ma del momento che gira attorno a questo “rito”,del locale caffè, della tradizione.

È dalla fine del XVII secolo in poi che il caffè divenne luogo di socialità urbana. Il primo “caffè” europeo sorse a Venezia: il Caffè Florian, inaugurato nel 1720, anche se la prima bottega da caffè veneziana fu aperta nel 1683 sotto le Procuratie Vecchie della Serenissima. Subito dopo Venezia fu il turno di Londra, Parigi, Vienna e Amburgo. Nel ‘700 erano Venezia e Londra le capitali del caffè e l’Italia
divenne “il tempio del caffè”con famosi locali a Napoli, Trieste, Firenze, Torino, Ragusa, Milano, Padova e ovviamente Roma.

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Il caffè non è il bar; il bar è un posto dove la consumazione è veloce. Il bancone, infatti, è alto e gli sgabelli certo non sono comodi. Il caffè Non è nemmeno un pub dove la luce è poca, la musica spesso assordante e la confusione disturba il dialogo.
Locali come il Florian o il Pedrocchi ci insegnano gli elementi indispensabili per un luogo di relax. La luce … non troppo intensa, adatta per poter leggere, per osservare, per riflettere, per dialogare. Le pareti esterne … con vetrate che permettono di vedere l’esterno, la gente che passa, la città che vive, ma allo stesso tempo consentono un certo grado di privacy. I tavoli … devono essere piccoli, per parlarsi da vicino e di metallo o di marmo … non di legno. Le sedute occorre che siano comode, imbottite, eleganti, che invitino alla pausa prolungata. Le pareti devono essere calde … non nude, con specchi che moltiplicano le relazioni, gli sguardi, le attenzioni. Lo spazio deve essere appropriato. Sia che il locale si strutturi a stanze, come il Florian, o che sia a sala a tutta altezza, come quello di Hoffmann, o ancora a galleria, come quello di Loos, il caffè dovrebbe suggerire il giusto grado di intimità e di relazione con gli altri tavoli e con l’esterno.

Il caffè è sempre stato un luogo del piacere lecito, di dibattito, di novità, di manifestazioni,di esibizione, una galleria urbana, un vero teatro della città. Ma lo è ancora? Il caffè è ancora quel luogo che, come dice G. Dissera Bragadin nel libro La bottega del caffè , “acquista un’importanza pubblica, non è soltanto una stazione di riposo per la conversazione garbata, ma il ritrovo dove si svolgono più o meno tutti gli interessi cittadini, dove si estrinsecherà l’intellettualità, e dove, come ci indica anche il Goldoni, in una sola serata si può raccogliere la sensazione delle pulsazioni cittadine” ?
Il Caffè Florian, il Quadri, il Martini sono ancora lo specchio della venezianità come descrive Goldoni in “La bottega del caffè”?.
Il caffè sembra oggi aver perso questo grande ruolo che aveva in passato. I caffè di oggi non sembrano essere nemmeno essere appropriati a tale funzione … Oggi i grandi caffè veneziani hanno assunto solo un valenza turistica come il resto di Venezia … non sono più dei pezzi di città indispensabili per la collettività. Esiste oggi un’ altro posto dove è possibile cogliere in una sola serata la sensazione delle pulsazioni cittadine? Mi ricordo che durante il corso di caratteri tipologici e distributivi un giorno Cornoldi disse: “Non è necessario girare per le città per comprenderle, basta soltanto sedersi in un bel caffè del centro e osservare le persone passare … solo così si coglierà il carattere di quella città!”.
Oggi i caffè contemporanei sembrano non interessarsi a queste tematiche e a l’ importante compito relazionale che possono assolvere. Mi chiedo se è solo un problema di progettazione, di società, di globalizzazione o di tutte queste cose messe insieme. I caffè contemporanei sembrano esprimere più l’immagine di un luogo alla moda, freddo, inespressivo … sono tutti uguali: stesse luci, stessi banconi, stessi bagni!!! Quelli che sembrano ricercare una qualità maggiore poi sembrano non ricercarla nello spazio ma negli oggetti di design, come se una sedia firmata o un lampadario veneziano (che oggi va molto di moda) potesse fornire lo status di bel locale!

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Questo post non vuole sembrare solo un discorso nostalgico; vuole esprimere la necessità di luoghi appropriati per il dialogo, la discussione, il relax, la lettura che oggi sembrano mancare nei locali. Oggi sembra che una città si debba riconoscere, esprimere e ricordare con una grande opera … l’icona. Ogni città vuole il suo Guggenheim di Bilbao. Forse se ponessimo maggiore attenzione all’appropriatezza dei luoghi collettivi urbani, alla tipicità e alla unicità che distingue le città riusciremo a coglierne maggiormente il carattere e l’anima.

Forse mi sono un po’ perso nel discorso … ma nei discorsi davanti ad un caffè succede anche questo no?...Mi piacerebbe lanciare una proposta: propongo di fare delle foto ai caffè delle nostre città con particolare attenzione al ruolo sociale che oggi assumono per poi pubblicarle qui nel blog … Colgo l’occasione per inserire una bibliografia sul tema trattato … ovviamente non ho letto nemmeno un libro di quelli elencati ma mi sembrano interessanti e spero di avere un giorno il tempo per darci almeno un occhiata …
- P. Camporesi, Il brodo indiano. Edonismo e esotismo nel Settecento, Milano, Garzanti,1998
- Il caffè, in Haupt, Luoghi quotidiani nella storia d’Europacit., pp. 148-159
- M. Malatesta, Il caffè e l’osteria, in I luoghi della memoria. Struttureed eventi dell’Italia unita, Roma-Bari, Laterza, 1997, pp. 5366
- O. Marchisio, Cibo come media. La rottura italiana tra la Scilla del McDonald e leCariddi della Nuovelle cuisine, Milano, Franco Angeli, 2002
- B.Cecchetti, I caffè a Costantinopoli nel 1633, “Archivio Veneto”, XXV (1896), pp. 413-414
- Prima dei giornali.Alle origini della pubblica informazione, Roma-Bari, Laterza, 2002 pp. 141-153
- D. Reato, Il caffè Florian, Venezia, Filippi, 1984 - Florian: un caffè, la città, Venezia, Filippi, 1986
- La bottega del caffè. I caffè veneziani tra ‘700 e ‘900, a c. di D. Reato e E. Dal Carlo, Venezia, Arsenale-Fondazione Querini Stampalia, 1991

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Immagini _ dall'allto: 1-Edward Hopper, Nightawks, 1942 2-Renato Guttuso, caffè Greco a Roma, 1976 3-Interno del caffè Florian, foto di Susannek (account flickr) 4,5,6-Philippe Stark, caffeè di Parigi e ristorante a tokyo 7-reiterpretazione del quadro di Hopper, foto di udronotto(account flickr)


mercoledì 5 dicembre 2007

Finalmente il blog

L'idea che mi frullava nella mente da un po' di tempo ha finalmente preso forma...Non potevo cominciare il mio primo post in altre maniere se non spiegando le motivazioni che mi hanno spinto a scegliere questo strumento comunicativo.
Sto cominciando a vedere il traguardo del mio percorso di studi e, se da un lato sono pronto a cominciare a lavorare, dall'altro sento che l'allontanamento dall'università provocherà anche una perdita di contatti e di dialoghi formativi a me molto cari. Certo con alcuni amici di università continuerò a vedermi, con altri, più lontani, mi sentirò via mail e per telefono ma queste occasioni di incontro non mi sembrano luoghi adatti per riprendere certe conversazioni sul mondo che ci accomuna. Dialoghi riguardanti un bel libro letto, un'articolo
interessante, l'evolversi della nostra vita professionale.... possono essere spiegate in maniera più compatibile attraverso il blog. Questo strumento evita il telegrafismo e la sfrontatezza di messenger e il distacco determinato dalla mail.
Mi auguro che questa mia iniziativa possa servire anche per mantenere un certo dialogo con quei docenti che stimo e con cui ho instaurato un rapporto non solo didattico ma anche di amicizia.
Questo mio blog ha anche l'ambizione di innescare un processo a catena con tutti i miei amici o appassionati di architettura (e non solo) in modo da determinare una rete di blog "linkati" uno all'altro uscendo dal confine del blog stesso.
Ho deciso di chiamarlo ArchCoffee per dare l'idea di discorsi non da conferenza o da articoli di giornale bensì da caffè; una chiaccherata che parte da alcune questioni, da domande che ci si è posti....senza la neccessità di arrivare a tutti i costi a definirne una tesi ben strutturata. Sono convinto che, come lo Chat Noir ha determinato un clima di fervore creativo nella Parigi dell'avanguardia artistica di inizio novecento, così anche questo blog potrà contribuire, nel suo piccolo, a migliorarci.
Ok,....ora basta con questa sorta di manifesto...è ora di cominciare col blog!